“E’ l’elogio dell’ irrazionalità, delle emozioni, dell’indefinito. La disarmonia dei gesti, dei ritmi differenti creano l’armonia del gruppo. Tutto entra a far parte della scena, anche gli spettatori. Ritmi spezzati, tempi diversi, dilatati; diseguali silenzi e suoni diventano tensione emotiva, narrazione; il movimento si fa gesto scenico, simbolo. E’ un continuo atto creativo dove ognuno può affermarsi come differente sperimentando la bellezza che gli appartiene. L’emozione sale lentamente, un pò alla volta, finchè ti circonda come sei circondato dai teli che stanno intorno a noi spettatori stupefatti seduti sul palcoscenico.”
GIOVANNI BOLLEA
“Questo è l’unico teatro. Teatro di carne, di voci, di corse, di improvvisi rallentamenti. Teatro straniero due volte, allestito sotto il sole e dentro le mura della prigione con le donne che intrecciano parole e canti della Serbia, della Bosnia, eppoi l’Africa, il sud America, infine Napoli. Bandiere e scarpe, corriere e vestiti leggeri, tutto si fa e si disfa sotto i nostri occhi. Un teatro che non illustra, che è materia pura che appare e scompare. Un teatro di poesia. Teatro che si affida tutto alla presenza. Un teatro che non finge, che racconta la vita davvero dove la vita non riesce a spiegarsi”.
CARLO SINI
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